EUROPA E TURCHIA
Uno sguardo mensile alle dinamiche e agli sviluppi delle relazioni
nel contesto del Mediterraneo.
Gennaio 2022
In Libano, dopo anni di
politiche clientelari, le istituzioni nazionali sono al collasso tanto
le singole comunità agiscono come para-Stato controllando la fornitura di beni
e servizi di base. La crisi interna è anche prodotto ed ennesima occasione di ingerenza
da parte delle potenze regionali che perseguono i propri interessi. Per ora
cade nel vuoto l’esortazione della
UE alle autorità libanesi di agire. Sono in fase di stallo le negoziazioni per
un accordo con il FMI (molto criticato), la
partenza dell’iter per le elezioni di maggio e l’indagine sull’esplosione al
porto.
L’AR Borrell incontra il
ministro degli esteri iracheno Fuad Hussein, al centro dei colloqui le sfide
del dopo elezioni e il ruolo di mediatore che il paese può avere nella regione.
A due mesi dalle elezioni Sadr, con gli alleati che lo sostengono (Sunniti e
Curdi), è impegnato a formare un governo che
sia compatibile con la sua "agenda nazionalista", contro l’ingerenza
iraniana e la presenza degli Stati Uniti. L'esclusione dei filo-iraniani potrebbe
provocare un’ondata di violenza.
Il Libia il
Capo della Commissione Elettorale dichiara che le elezioni non si terranno
prima di sei-otto mesi. La sfida nell’immediato futuro non è
nell’esecuzione formale dei processi di voto, quanto nel riuscire ad esprimere
candidati riconoscibili e legittimati dall’intera popolazione. Se ciò non
accadesse non sarebbe da escludere un ritorno alle armi che potrebbe, negli
scenari peggiori, portare ad una spartizione del
paese.
Per bocca del suo ambasciatore
all’ONU, Olof Skoog la UE ribadisce il suo impegno in Palestina per la soluzione
a due Stati. Per perseguire l’obiettivo è necessario, contestualmente alla fine
degli attacchi da parte di Hamas, aprire i varchi nella striscia di Gaza,
bloccare le demolizioni di
case palestinesi e svolgere al più presto le elezioni previste nei territori
controllati dall’ANP.
Brest ospita una riunione
informale dei ministri della difesa. La riunione è
incentrata sulla Russia ma il vero fulcro dei lavori è la costruzione di una
nuova “European security architecture” che, come rimarcato al suo arrivo dall’AR
Borrell, riconosca come terreni di battaglia anche lo spazio cibernetico e
quello extraterrestre. Al successivo meeting dei ministri degli esteri vengono
elencati 10 elementi alla base di una posizione
europea forte nel contesto internazionale.
Il Consiglio Affari esteri si
sofferma sulla crisi con la Russia (non solo per l’Ucraina ma anche per la presenza
del gruppo Wagner in Mali e Libia). Nelle conclusioni -
5591/22 - si ribadisce la stretta cooperazione tra UE, USA e NATO e si afferma
che nel XXI secolo non c’è posto per “sfere di influenza”. Il Consiglio approva
anche le nuove priorità nel quadro del partenariato
UE-ONU sulle operazioni di pace e la gestione delle crisi e in
materia di diritti
umani – 5277/22 (en). Nella conferenza
stampa al termine dei lavori l’AR Borrell si oppone ad un
eccessivo all’allarmismo anche se poi, intervenendo ad una conferenza, insiste sul fatto che la “weaponisation
of everything. Migrants, vaccines, energy, technology” metta in percolo l'Europa.
In questo contesto è necessario che la “Bussola strategica”, si concretizzi perché
la capacità dei singoli Stati di far fronte alle minacce è non solo
insufficiente ma anche in declino.
In Medio Oriente, nello spazio
lasciato dalla nuova politica
americana, si muovono molti attori. Dalla Cina alle
potenze regionali. Queste ultime stanno cercando di raggiungere una “normalisation
autoritaire” che impone all’UE, se non si vogliono
lasciare al proprio destino le società civili, di non chiudere la porta ai regimi
autoritari. L’Europa, come dimostra il caso iraniano
fatica ad avere un ruolo.
In questo contesto Ankara cerca
di riallacciare relazioni con i
suoi nemici. A Mosca gli inviati speciali turchi si incontrano con
quelli armeni per giungere ad una normalizzazione delle
relazioni. Anche il riavvicinamento con gli Emirati Arabi Uniti è indicativo di
come la Turchia voglia sottrarsi all'accerchiamento strategico nella regione (oltre
che rallentare il consolidamento dei legami tra i suoi rivali). Il discorso è
diverso nei rapporti con
l’UE che sembrano non interessare più nessuno. “In Turkey during 2021 th EU
membership perspective has entirely disappeared from the political agenda [e anche
gli] “opposition parties, including the most broadminded one, the pro-Kurdish
opposition HDP, hardly refer to the EU set of values and praxis in their
various policy formulations”. Dal canto loro i partiti di opposizione
promettono di rimandare a
casa i profughi siriani entro due anni in caso di vittoria elettorale.
Anche se Borrell continua a
riferirsi ad una strategia europea la Francia continua per la sua strada
consegnando i primi aerei da guerra previsti dall’alleanza con la
Grecia che non dovendo più “quémander de l’argent redevient un partenaire
intéressant pour des contrats”. Questo non si può dire della Repubblica di
Cipro Nord alle prese con una grave crisi
economica esplosa con la svalutazione della lira turca.
Nonostante il malcontento alle elezioni il
Partito di Unità Nazionale (UBP) al governo (alleato di Erdogan) ottiene il
39,5% dei voti, rafforzando la
sua presenza nel Parlamento. Sul suolo turco la crisi della lira e problemi di approvvigionamento
energetico, comportando un forte aumento del prezzo dei prodotti di prima
necessità, colpiscono pesantemente i più poveri e la classe media. Il tasso
ufficiale di disoccupazione, dato al 15% è, secondo molti, sottovalutato. Di
fronte alla crescente disaffezione dell’elettorato la parabola del presidente
sembra alla fine ma il controllo del Parlamento e dell'apparato di sicurezza (che
comprende anche formazioni armate come SADAT) potrebbe
portare, se la situazione
precipitasse, a dichiarare lo stato di emergenza o per una crollo dell’economia
o per uno "stato di guerra". La crisi non dipende solo da cause
congiunturali ma anche da problemi strutturali che Erdoğan preferisce non
affrontare rifugiandosi sempre più spesso in referenze religiose. Le stesse che
sono alla base delle minacce
pronunciate dall’altare di una moschea nei confronti della pop star Sezen Aksu.
Intanto il governo continua a perseguire la chiusura
dell’HDP e a creare difficoltà
all’operato di Imamoğlu. Ultima della lista Sedef Kabas, giornalista, viene arrestata per
insulti a Erdoğan.
Franco Botta
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