EUROPA E TURCHIA
Uno sguardo mensile alle dinamiche e agli sviluppi delle relazioni nel contesto del Mediterraneo.
Febbraio 2022
Il mese
è contrassegnato dal precipitare della crisi in Ucraina. Putin supera lo stallo
diplomatico con il ricorso alle armi. L’esercito russo entra in Donbass e poi
dilaga in tutto il paese. La reazione dell’UE è compatta, si concretizza in pesanti sanzioni alla Russia e invio di armi all’esercito ucraino. Pochi giorni prima dell’invasione
il PE nella Risoluzione… sull’attuazione della
politica di sicurezza e di difesa comune - P9_TA(2022)0040, condanna la richiesta del Cremlino “di
arrestare l'ulteriore espansione della NATO […] sulla base di un'idea obsoleta
di sfere di influenza e sostiene le aspirazioni pro-occidentali dell'Ucraina e
della Georgia, compresa la loro adesione alla NATO e all'UE”. Da parte sua, prudentemente, il Consiglio Affari
esteri condanna l'incremento delle forze militari russe ai confini, elogia
la moderazione dell'Ucraina di fronte alle intimidazioni e decide di
fornirle assistenza per 1,2 miliardi di euro sostenendone
la formazione militare nell'ambito dello strumento europeo per la
pace. Nella conferenza stampa a fine lavori l’AR Borrell ritiene che Putin abbia
agito spaventato dal fatto che l’Europa voglia “to help Ukraine be a
like-minded country with the same kind of political democratic systems and free
market economy that we have”. Borrell dimentica che inglobare politicamente e
militarmente nel campo occidentale nazioni provenienti da altri contesti
politici è l’errore commesso in Jugoslavia nel 1992. Il fuoco di quella guerra
non si è spento visto che in Bosnia è ancora necessaria una presenza militare
europea e ancora si discute su come “to preserve the sovereignty, territorial
integrity and unity of the country”. Borrell ritiene che il Consiglio
raggiungerà l’unanimità sulla questione russa. Richiestogli se la raggiungerà
anche nel condannare Polonia e Ungheria per l’allontanamento dai valori europei
rifiuta di rispondere. Così come sulla missione UE in Mali impegnata ad
addestrare un esercito autore di due colpi di stato che, dopo la cacciata dei francesi, collaborerà con i mercenari russi del gruppo
Wagner. Nei giorni in cui Macron annuncia l’uscita dal Mali si svolge il sesto summit UE-Unione Africana con l’obiettivo di ridare slancio
alla partnership. La serrata discussione necessaria alla stesura del documento finale è sintomo del logoramento della fiducia verso gli europei che devono far fronte, in un
contesto di sicurezza instabile, alla concorrenza sempre più serrata di Cina, Russia, Turchia. Quest’ultima si inserisce nella crisi ucraina. Il rapporto di competizione/cooperazione
con la Russia spinge Erdoğan a cercare una mediazione però respinta dal Cremlino irritato dalla vendita di droni turchi a Kiev. La posizione della Turchia
all'interno del nuovo ordine mondiale multipolare dipenderà dallo stato delle
relazioni con i quattro Cavalieri dell’Apocalisse (UE, Russia, USA, Cina), ognuno alle
prese con gravi problemi interni, che “instead of learning from the past,
are pushing the world towards a new cold war … As such we might conclude
some of Russia’s concerns are reasonable but its methodology is unjust and
frightening”. La sosta delle navi russe dirette in Mar Nero nella base
siriana di Tartus riporta in primo piano il ruolo di Mosca in Medio Oriente dove “Il Cremlino ha imparato ad
alzare la posta in gioco [e a] diffondere all’interno e all’esterno gran parte
della propria narrazione”. I paesi arabi legati a Mosca si dividono tra chi chiede la soluzione diplomatica e chi sostiene
l’opzione militare. In Libia ci
sono di nuovo due governi. Il parlamento di Tobruk elegge Bashaga come premier sfiduciando
Dbeibah che, non accettando di mettersi da parte, presenta un suo piano
per andare alle elezioni entro l’anno. La non opposizione di Erdoğan a Bashaga fa
pensare che il presidente turco voglia allacciare relazioni più strette con le forze della parte orientale per
rafforzare la sua posizione contro la Grecia nella battaglia per il gas
mediterraneo. Il rafforzamento delle relazioni greco-israeliane e il (timido)
riavvicinamento tra Israele e Turchia potrebbero portare, secondo alcuni, ad
un allentamento della tensione ma i nuovi “giocattoli da guerra” che Erdoğan, in parallelo al riarmo greco, è in procinto di costruire
e dispiegare nell’Egeo non vanno i questa direzione. Ancora una volta il
ministro degli Esteri turco ribadisce l’invito alla Grecia a smilitarizzare le isole, avvertendo che se Atene non cambierà posizione,
inizierà il dibattito sulla loro sovranità. Il tema viene affrontato in un incontro tra delegazioni turche e greche a fine mese. Il PE pubblica il documento Turkey’s foreign policy
and its consequences for the EU -
PE 653.6 62. Dopo aver preso in esame le criticità del rapporto con la
Turchia, lo studio suggerisce di non sperare che le elezioni risolvano i
problemi esistenti anzi è probabile che nei mesi che mancano alla tornata
elettorale i contrasti aumenteranno. L'UE dovrebbe prima cercare il consenso
tra le proprie fila per poi discutere il futuro delle sue relazioni con la
Turchia quando sarà il momento giusto. Il Consiglio d'Europa avvia una procedura d'infrazione nei confronti della Turchia per la mancata esecuzione
della sentenza CEDU riguardante la scarcerazione di Osman Kavala. Dopo una
visita ad Ankara il relatore del Parlamento europeo sulla Turchia conferma che
non ci sono progressi nel campo dello stato di diritto. Al
momento la priorità per Erdoğan è frenare la svalutazione della lira e sostenere classe media e lavoratori per evitare la stagnazione dell’economia e il crollo nei sondaggi nel momento in cui il leader del CHP Kılıçdaroğlu si candida alle elezioni presidenziali del 2023. Nel CHP, però i nomi
più accreditati per sconfiggere Erdoğan sono quelli di Mansur Yavaş, sindaco di
Ankara, e di Ekrem Imamoğlu, sindaco di Istanbul. Nell’Alleanza Nazionale (il
raggruppamento delle opposizioni) si fa largo Meral Akşener, la leader dell’IYI (Partito buono). Gli alleati presentano la
piattaforma con le proposte per ripristinare il sistema parlamentare. Al momento delle elezioni i voti curdi avranno il proprio peso qualunque sia l’esito dell’azione
giudiziaria per la messa al bando dell’HDP.
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