EUROPA E TURCHIA.

Uno sguardo mensile alle dinamiche e agli sviluppi delle relazioni nel contesto del Mediterraneo.

maggio 2023

si svolge la terza Conferenza Ministeriale mediterranea sullo sviluppo urbano sostenibile “Implementing the UfM Strategic Urban Action Plan. La conferenza si prefigge di rafforzare la cooperazione nell’ambito dello Strategic Urban Development Action Plan 2040.

Intervistato dalla RAI Borrell, avvalorando i dubbi di Macron conferma, che i rapporti UE-Cina dovrebbero essere smarcati da quelli USA-Cina. A livello istituzionale spinge per abbandonare il voto all'unanimità in politica estera ma "il problema è che serve l'unanimità per mettere fine all'unanimità […] "difficile, perché tutti vogliono mantenere il proprio diritto di veto". Nell’affannosa ricerca di una soluzione per le controversie nei Balcani L’AR è costretto a spacciare per risultati quelle che sono nient’altro che dichiarazioni di difficile attuazione.

Nel giro di due settimane l’UE emana quattro comunicati stampa sulla situazione in Israele. Uno riguarda l’ennesima demolizione di una scuola costruita con fondi europei. Nell’anno del 75° anniversario della nascita dello stato ebraico il “rozzo revisionismo“, avallato dalla von der Leyen, non porterà alcuna soluzione. Nel comunicato stampa per la nomina di Luigi Di Maio a rappresentante speciale dell'UE (RSUE) per la regione del Golfo non una parola sui diritti umani.  

Nello studio “An Assessment of the State of the EU Schengen Area and its External Borders” – PE 737.109 – il PE individua una “systematic lack of compliance with EU law and fundamental rights violations at EU internal and external borders” che porta governi e ministeri dell'Interno degli Stati membri a non rispettare obblighi giuridici e responsabilità dell'accordo Schengen.

In Turchia si svolgono le elezioni parlamentari e presidenziali. L’affluenza al 90% dimostra l’importanza che i cittadini turchi danno a questa tornata elettorale. L’UE se ne compiace e, prendendo atto delle conclusioni della missione di osservazione elettorale chiede alle autorità turche di affrontare le carenze individuate. Nel rapporto si mette in evidenza come una copertura mediatica di parte abbia dato un vantaggio ingiustificato al presidente. Si sottolineano anche le restrizioni alle libertà di riunione, associazione ed espressione che hanno ostacolato politici e partiti dell'opposizione. Si avanzano dubbi sulla mancanza di trasparenza e comunicazione, nonché sull’indipendenza dell'amministrazione elettorale.

Ricordiamo, nell’anno precedente alle elezioni, le ondate di arresti tra gli esponenti curdi, il congelamento dei beni dell’HDP, le condanne ad Imamoğlu, l’arresto di giornalisti. Per ultimo le minacciose dichiarazioni del ministro dell’interno Soylu, per il quale una eventuale sconfitta sarebbe un colpo di stato, e dello stesso Erdoğan, il quale più volte ribadisce che non accetterà una sconfitta dovuta ai curdi. Per i sostenitori del presidente, ma anche per molti elettori dei partiti di opposizione, l’alleanza con i “terroristi” curdi è il discrimine tra chi è un vero nazionalista e chi non lo è, tra chi vuole una politica estera assertiva (necessaria combattere il terrorismo) e chi no, tra chi è disposto a cedere alle manipolazioni dei “Western media and think tanks have clearly chosen their side, the anti-Erdoğan position, as they are accustomed to”, e chi no. Alla immediata vigilia delle elezioni si moltiplicano violenze e intimidazioni. Imamoğlu è colpito con pietre da sostenitori nazionalisti durante una manifestazione ad Erzurum. Poiché la città è una roccaforte dell’AKP per Soylu quella del sindaco di Istanbul è stata una provocazione. Il ministro dell’interno entra in conflitto anche con il Consiglio elettorale supremo che respinge una richiesta di informazioni (sulla posizione delle urne, il loro numero e il numero di elettori in ogni urna) dai contorni poco chiari. Il Consiglio ha già fatto del suo per spianare la strada ad Erdoğan. L’organo che dovrebbe garantire un’elezione paritaria esenta il presidente e i ministri dai divieti elettorali e non tiene conto che circa il 5% degli elettori a causa del terremoto ha abbandonato i propri distretti elettorali al momento di determinare il numero dei parlamentari per provincia. Il nuovo presidente “will become our de facto despot and his appointments will be no different from a king’s men, untouchable”.

Per tutto ciò “the election was technically free, if practically unfair”. Il risultato elettorale dimostra, ancora una volta, la forza di Erdoğan che pur non riuscendo a vincere al primo turno si attesta ad oltre il 49 % dei voti. Kiliçdaroğlu raggiunge circa il 45%. L'opposizione si prende il merito di aver negato al presidente una vittoria al primo turno ma L'AKP e i suoi partner di estrema destra hanno prevalso anche nel parlamento ottenendo 322 seggi su 600. L'Alleanza della nazione si ferma a 213 seggi mentre il blocco di sinistra guidato dal Partito della sinistra verde filo-curdo (YSP) è terzo con 65 seggi. Per la prima volta Erdoğan non è eletto al primo turno e il suo partito perde 30 seggi. Il presidente risulta indebolito ma non sconfitto. Per i suoi sostenitori, le elezioni dimostrano che la Turchia è una democrazia matura nonostante i media occidentali la considerino un paese autoritario. Nonostante le accuse di brogli, anche l'opposizione sembra accettare il risultato. Tra i curdi la delusione è evidente, hanno votato in modo schiacciante per Kiliçdaroğlu, ma non è stato sufficiente. Il Partito Democratico del Popolo (HDP) filo-curdo ha corso sotto la bandiera dell'YSP poiché rischiava la chiusura prima delle elezioni. Se consideriamo che il terzo candidato Sinan Ogan, che con il suo 6% sarà l’arbitro del ballottaggio, è un ultra-nazionalista e che l’ideologia nazionalista permea largamente anche i partiti di opposizione si può affermare che “in Turkey’s elections, nationalism is the real winner” tanto che lo stesso Kiliçdaroğlu sulla questione dei rifugiati siriani ha virato nettamente a destra. Al ballottaggio il presidente uscente si presenta come favorito, per i suoi sostenitori è possibile aspettarsi che parte dell'elettorato si scagli contro Kılıçdaroğlu e il Partito popolare repubblicano (CHP).

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